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Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natia
rimanga né cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh'esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.

Ah perché non son io cò miei pastori?


(Gabriele D’Annunzio, 1903)

I primi documenti che trattano dei trabocchi sono stati ritrovati da padre Stefano Tiraboschi dell'ordine Celestiano. Nel manoscritto riguardante la vita di Pietro da Morrone, custodito presso la Biblioteca Marciana di Venezia, padre Tiraboschi racconta la permanenza del futuro papa nell'abbazia di San Giovanni in Venere tra il 1240 di 1243, descrivendo il mare che  Pietro ammirava dal bellissimo Belvedere come "punteggiato di trabocchi". 
Nello stesso manoscritto il Tiraboschi riporta un'altra testimonianza, quella di Pietro di Angelerio, originario di Sant'Angelo nel Molise: “La grande distesa del mare mi sembrò meravigliosa, come quando, da bambino, accompagnavo i parenti ai pascoli bassi, verso la marina di Vasto. Ma ora, più che il mare calmo che luccicava sotto il sole della tarda mattina, punteggiato dai trabocchi posti come vedette verso il confine del cielo, mi colpiva la grande Badia. Era la cosa più bella che avessi mai visto”.


“E’ bella Ortona che dalla loggia Oriental s’affaccia,
e ride a tutto quel sorriso e pare,
tra il verde che la cinge e la corona,
una giovin bagnante che si slaccia vezzosa il bianco seno,
alta sul mare.”
Cesare De Titta



La Costa Dei Trabocchi è il tratto di costa abruzzese che va da Ortona a Vasto, lunga circa 40 km comprende i comuni di Ortona, San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Torino di Sangro, Lido di Casalbordino, Vasto. Questo tratto di litorale è un forte luogo turistico ricco di storia, paesaggi e caratteristiche diverse tra loro. Vi sono tratti sabbiosi come Ortona e Vasto e tratti prettamente pietrosi come Fossacesia e Rocca San Giovanni. La costa dei trabocchi presenta caratteristiche del tutto mediterranee e presenta tuttora zone più nascoste e impervie. Prime indicazioni dell'esistenza dei trabocchi sono in documenti riportati da Pietro da Morrone nel suo soggiorno a Fossacesia nel 1240 prima del suo esilio come eremita in vari eremi abruzzese e divenire papa Celestino V. I trabocchi sono antiche palafitte utilizzate per la pesca e sostenuti da pali di legno incastrati tra scogli e il fondale del mare. Si tratta di testimonianze storiche di vita del passato, diversi trabocchi sono giunti fino ai giorni nostri seppur con ristrutturazioni varie, vengono utilizzati alcuni come uso privato altri come uso gastronomico con la nascita di famosi ristoranti, mangiare in un trabocco è un esperienza magica, l'atmosfera, il paesaggio circostante e un pesce di ottima qualità rendono l'esperienza decisamente da ricordare.

"Al mare, al mare, Ospite, al mio libero tristo, fragrante verde Adriatico, al mar de' poeti, al presente dio che mi tempra nervi e canzoni".

 D' Annunzio ha avuto sempre una forte ispirazione nei confronti dei trabocchi, oltre per la loro bellezza ne ammirava il senso di storia e di vita che trasmettevano, cosi nel suo "Trionfo della morte" raccontava le sue emozioni: 
"per gli scogli, perigliosamente ma difettosamente, respirando l’odore delle alghe”. “Le due maggiori antenne verticali, sostenute alla base da piuoli di tutte le grossezze, s’intersecavano s’intralciavano congiunti tra di loro per mezzo di chiodi enormi, stretti da fili di ferro e da funi, rinforzati con mille ingegni contro le ire del mare. Due altre antenne, orizzontali, tagliavano in croce quelle e si protendevano come bompressi, di là dalla scogliera, su l’acqua profonda e pescosa. Alle estremità forcute delle quattro antenne pendevano le carrucole con i canapi corrispondenti agli angoli della rete quadrata. Altri canapi passavano per altre carrucole in cima a travi minori; fin negli scogli più lontani eran conficcati pali a sostegno dei cordami di rinforzo; innumerevoli assicelle erano inchiodate su per i tronchi a confortarne i punti deboli. La lunga e pertinace lotta contro la furia e l’insidia del flutto pareva scritta su la gran carcassa per mezzo di quei nodi, di quei chiodi, di quegli ordigni. La macchina pareva vivere d’una vita propria, avere un’aria e una effigie di corpo animato. Il legno esposto per anni e anni al sole, alla pioggia, alla raffica, mostrava tutte le fibre, metteva fuori tutte le sue asprezze e tutti i suoi nocchi, rivelava tutte le particolarità resistenti della sua struttura, si sfaldava, si consumava, si faceva candido come una tibia o lucido come l’argento o grigiastro come la selce, acquistava un carattere e una significazione speciali, un’impronta distinta come quella d’una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avesser compiuto la loro opera crudele.”




 

Trabocco Turchino: situato in località Portella nei pressi di San Vito Chietino è uno dei trabocchi più rappresentativi del litorale, D'Annunzio aveva una forte ammirazione per questo trabocco che ha vissuto da vicino nel 1899 durante la sua breve residenza a San Vito Chietino. Crollato per una forte mareggiata nel Luglio del 2014, unita alla mancanza di manutenzione, fu ricostruito successivamente e tuttora si stanno eseguendo lavori, seppur con molta lentezza.
Cosi D'annunzio ne descriveva la bellezza:
«Dall’estrema punta del promontorio destro, sopra un gruppo di scogli si protendeva un trabocco, una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simili ad un ragno colossale…»
 «La grande macchina pescatoria composta di tronchi scortecciati di assi e di gomene che biancheggiava singolarmente simile allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano». «Il trabocco, quella grande ossatura biancastra protesta su la scogliera..forma irta e insidiosa in agguato perpetuo, pareva sovente contrastare la benignità della solitudine. Ai meriggi torridi e ai tramonti prendeva talora aspetti formidabili», «…fin negli scogli più lontani erano conficcati pali a sostegno dei cordami di rinforzo; innumerevoli assicelle erano inchiodate su per i tronchi a confortarne i punti deboli. La lunga lotta contro la furia del flutto pareva scritta su la gran carcassa per mezzo di quei nodi, di quei chiodi, di quegli ordigni. La macchina pareva di vivere di una vita propria, aveva un’aria e un’effige di corpo animato».
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Dacia Maraini “…Cosa ci dicono infine questi trabocchi sorpresi nel loro lirico incanto? Che l’opera umana è sempre macchinosa e fragile, basta un soffio per distruggerla. Ma proprio la sua fragilità è anche la ragione della sua resistenza: un poco sopra le onde, un poco sotto le nuvole, la “grande macchina pescatoria” sta a simbolizzare la patetica eppure grandiosa capacità dell’essere umano di credere nel futuro nonostante l’amarezza e la piccolezza del suo destino”.“
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Punta Punciosa

Trabocco Cungarelle

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Vedi questi pesci? Vengono dal Trabocco. L'ha portati Turchino...

E abbassò la voce.

- Vuoi sapere? Turchino è sotto una fattura, con tutta la sua famiglia, da quasi un anno; e non s'è liberato ancóra.

- Chi è Turchino? - chiese Giorgio, che pendeva dalle labbra della donna, attratto da quelle cose misteriose. - L'uomo del Trabocco?

E si ricordò di quel viso terreo, quasi senza mento, poco più grosso di un pugno, da cui sporgeva un lungo naso, aguzzo come il muso di un luccio, tra due piccoli occhi scintillanti.

- Sì, signore. Guarda là. Se hai buona vista, lo puoi scorgere. Stanotte pesca con la luna.

E Candia indicò su la scogliera nerastra la grande macchina pescatoria composta di tronchi scortecciati, di assi e di gomene, che biancheggiava singolarmente, simile allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano.

Si udiva stridere l'argano, nell'aria tranquilla. Essendo scoperti gli scogli, nella bassa marea, il profumo delle alghe saliva per la costa vincendo di forza e di freschezza tutti gli effluvii della collina feconda.

- Ah, che delizia! - mormorò Ippolita aspirando la fragranza inebriante, sembrando già tutta occupata da quella sensazione intensa che le faceva palpitare le narici e socchiude


Riserva naturale Lecceta di Torino di Sangro: estesa 175 ettari si sviluppa tra la foce del Sangro e il cimitero britannico. Con una vegetazione tipica della macchia mediterranea si cammina tra i boschi respirando l'aria del mare. Vi è la possibilità di effettuare camminate di diverse lunghezze e difficoltà: Percorso natura, percorso cimitero, percorso Trabocco, percorso escursionistico, percorso mtb e percorso Sangro. La lunghezza totale dei vari percorsi sfiora i 10 Km. 

 

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San Vito Chietino: uno dei luoghi simbolo della Costa dei Trabocchi, fortissimo punto turistico e gastronomico del litorale e, insieme a Fossacesia, il cuore della costa dei trabocchi, fare una passeggiata da San Vito Chietino a Fossacesia è una lunga camminata in cui sei accompagnato da bellezza e storia ad ogni passo.
Vista panoramica suggestiva si ha dal belvedere Marconi in prossimà del centro storico nella parte alta del paese.


Mi so fatte pescatore pè na bella trabbuccante
pè puterle guardà’ quande ‘mbacc-i-a sole sta’ ppescà.
Vide l’amore quante ne fa nu pescatore m’à fatte diventà!
Esse ‘n cime a lu trabbocche, i’ di sopr’a lu cannizze,
tra li scoije e tra li scrizze, tutt’e dù stame a ppescà.
Vide l’amore quante ne fa nu pescatore m’à fatte diventà!
Ch’è successe stamattine?: gna tirè la reta piene,
pè guardà’ chela sirene, le sò fatt’ ariscappà’.
Vide l’amore quante ne fa nu pescatore m’à fatte diventà!

Giulio Sigismondi








 

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Punta Tufano

Abbazia San Giovanni in Venere

Promontorio d'Annunziano:situato nei pressi dello storico eremo d'Annunziano è uno dei punti più panoramici di tutto il litorale abruzzese, luogo di silenzio e meditazione da parte del poeta offre scenari stupendi in ogni stagione e condizione.

 

«...Quella catena di promontori e di golfi lunati dava l'immagine d'un proseguimento di offerte, poiché ciascun seno recava un tesoro cereale. Le ginestre spandevano per tutta la costa un manto aureo. Da ogni cespo saliva una nube densa di effluvio, come da un turibolo. L'aria respirata deliziava come un sorso d'elisir.»

(Gabriele d'Annunzio da Il trionfo della morte)

 

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Punta Cavalluccio










 

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PHILOMELA
RICORDI DELL'ADRIATICO

D'Annunzio


E va e va cantando la libera figlia de ’l mare, cantando nel meriggio tranquillo de ’l gran Messidoro va: esultano i flutti d’intorno a la barca sottile con murmuri e susurri che paion preludii d’orchestra, che paion sinfonie tremulanti d vïolini, molli, carezzevoli, languenti lontano lontano. Va la barca sottile con piccole vele in bell’arco, vele candide candide arrise da l’aureo sole mva dolcemente; una ebrezza d’azzurro divina brilla in giro; là in alto dïafana molle qual velo una nuvola naviga anch’essa sospinta da ’l vento, me par che rida e pare che dica ridendo: — O sorellan vela, a noi gl’infiniti imperii de l’aureo sole e gli aliti suavi di Zefiro a noi, fin che sciolta io ne ’l grembo fecondo di Gëa fluisca e tu scenda ne li abissi nettunii tra l’alghe e i coralli a dormire.n Via, o vela sorella, voliamo voliamo voliamo!… —  E va e va la libera figlia de ’l mare cantando, va: le lucide chiome corvine a’ spilloni ribelli a lei ingombrano il collo d’Iddia e la vergine fronte e i begli occhi sereni; a lei il seno fiorente ne ’l busto purpurëo compresso più bello risalta e procace. Va cantando, cantando a le placide brezze marine con trilli di lodola, con gorgheggi di rusignolo, e rispondon le rondini in cielo a caterve passando ed i flutti che paion travolger pagliuzze d’argento, da’ grandi olmi lontani rispondon le rauche cicale e le spiagge risonan giù giù tutte gialle di sole. Va ella cullandosi in fantasmi beati d’amore ne la festa sublime de l’alma Natura, e sorride e canta: canta gl’inni armonïosi di giovinezza, inni di gioia canta la libera figlia de ’l mare.

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Punta Aderci: Fondata nel 1998, la riserva naturale di Punta Aderci è la prima istituita in Abruzzo per quanto concerne il settore costiero. Si sviluppa  partendo dalla spaggia di Punta Penna fino alla foce del fiume Sinello. Sul promontorio vi è una vista che nelle giornate serene consente di ammirare gruppi montuosi come i Monti Sibillini e i Monti della Laga. Col tempo è divenuta un riferimento turistico di assoluta importanza per l'Abruzzo ed è un considerevole patrimonio di flora e fauna.



M'incanto...
quelle lunghe braccia sul mare.
Protese verso il cielo,
mi rimandano all'idea di un abbraccio,
di un'attesa di una supplica.
Il mistero quasi mi confonde:
più non so se appartengo alla terra, al mare o al cielo
o forse un poco a tutti.
M'incanto:
nessun umile corpo della sopravvivenza
si è mai elevato a tanta tenera poesia...
m'incanto a bocca aperta, nel silenzio.
L'infinito è sacro:
custodisce i pensieri e le passioni
di quelli che hanno camminato prima di noi.
Gelosamente li custodisce!
Il mio respiro,
flebile,
a goccia a goccia,
li cattura
e li fa miei...

(Carlo Iezzi)











 



 

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Trovò l'Eremo a San Vito, nel paese delle ginestre, su l'Adriatico. Trovò l'Eremo ideale: una casa construita in un pianoro, a mezzo del colle, tra gli aranci e gli olivi, affacciata su una piccola baia che chiudevano due promontorii.

Era una casa d'una architettura primitiva. Una scala scoperta saliva a una loggia su cui si aprivano le quattro porte delle quattro uniche stanze. Ciascuna stanza aveva quella porta e una finestra dalla parte opposta, a riscontro, guardante su l'oliveto. Alla loggia superiore corrispondeva una loggia inferiore; ma le stanze terrene, tranne una, erano inservibili.

La casa confinava da un lato con un abituro basso dove stavano i contadini proprietarii. Due querci enormi, che la perseveranza del grecale aveva piegate verso il colle, ombreggiavano lo spiazzo, proteggevano certe mense di pietra adatte alle cene estive. Limitava lo spiazzo un parapetto anche di pietra, che superavano le robinie cariche di grappoli odorosi, delicate ed eleganti su lo sfondo del mare.

La casa non ad altro serviva che ad albergare forestieri nella stagione dei bagni, secondo l'industria comune del contado di San Vito, lungo la costa. Distava circa due miglia dal borgo, all'estremo confine d'una contrada detta delle Portelle, in una solitudine raccolta e benigna come un grembo. Ciascuno dei due promontorii era traforato; e si scorgevano dalla casa le aperture delle due gallerie. La strada ferrata correva dall'una all'altra, in prossimità del lido, per una lunghezza di cinque o sei cento metri, in linea retta. Dall'estrema punta del promontorio destro, sopra un gruppo di scogli, si protendeva un Trabocco, una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simile a un ragno colossale.

L'ospite fuor di stagione fu accolto come una buona ventura, insperata, straordinaria.

Il capo della famiglia, un vecchio, disse:

- La casa è tua.

Ricusò di pattovire. Disse:

- Ci darai quel che vorrai, quando ti piacerà, se sarai contento.


 

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