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“Più in là che Abruzzi”, faceva dire il Boccaccio a un suo personaggio per dare il senso del lontano, dell’appartato, del favoloso. E la sua può sicuramente essere assunta a espressione proverbiale per designare la condizione e la storia abruzzesi.

(Mario Pomilio).

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Tholos

L'ospitalità è una delle virtù più comuni agli Abruzzesi in generale ed in particolare agli abitanti de' paesi alpestri e montagnosi.
(Francesco Mastriani)

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L'Abruzzo è una regione ricca di borghi storici e tradizioni del passato. Si trova al terzo posto in Italia come numero di borghi classificati come"borghi più belli d' Italia", contando 23 paesi considerati come tali.  Numerose sono le testimonianze provenienti dal passato in particolare dal periodo medievale. Molti di questi borghi sono stati costruiti in luoghi in cui era possibile un ampio raggio di osservazione per lo più a scopo difensivo e per motivi strategici attraverso l'ausilio di castelli e torri, molti di loro sono rimasti conservati.
Diversi borghi storici, soprattutto quelli costruiti in zone impervie e difficili da raggiungere, si stanno via via spopolando dando testimonianza di un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato. Alcuni paesi, tipo Roccacaramanico, stanno riprendendo vita grazie al turismo e la rivalutazione del territorio.

 

Borghi abruzzesi e neve...un connubio perfetto! 

 

Quanda sente tristezz’ e ddulore o ‘na pene fa piagne ‘stu core,
baste sole che pens’a ‘su colle ca le forze d’incante m’arvè!

Paese mè, ‘n te pozze ma’ scurda. St’amore mè pe’ tte nen more ma’!
Vulesse mò venì vicin’ a tte pe’ ddirte « amore mèn ti lasse cchiù »

Quanda sente ssunà ‘Vemmarjje m’aricorde nghe ‘na picundrjje
la campane di Sante Martine e nu node a la gole me vè.

Paese mè, ‘n te pozze ma’ scurda. St’amore mè pe’ tte nen more ma’!
Vulesse mò venì vicin’ a tte pe’ ddirte « amore me‘n ti lasse cchiù »

Quanda guarde nu colle luntane m’aricorde lu monte « Pallane »
e cchiù sotte nu muocchie di case ddò quatrare ‘mpariv’ a ccantà

Paese mè, ‘n te pozze ma’ scurda. St’amore mè pe’ tte nen more ma’!
Vulesse mò venì vicin’ a tte pe’ ddirte « amore mè‘n ti lasse cchiù »

Antonio di Jorio

Tutto quello che m'è avvenuto di scrivere, e probabilmente tutto quello che ancora scriverò, benché io abbia viaggiato e vissuto a lungo all'estero, si riferisce unicamente a quella parte della contrada che con lo sguardo si poteva abbracciare dalla casa in cui nacqui. È una contrada, come il resto d'Abruzzo, povera di storia civile, e di formazione quasi interamente cristiana e medievale. Non ha monumenti degni di nota che chiese e conventi. Per molti secoli non ha avuto altri figli illustri che santi e scalpellini. La condizione dell'esistenza umana vi è sempre stata particolarmente penosa; il dolore vi è sempre stato considerato come la prima delle fatalità naturali; e la Croce, in tal senso, accolta e onorata. Agli spiriti vivi le forme più accessibili di ribellione al destino sono sempre state, nella nostra terra, il francescanesimo e l'anarchia. Presso i più sofferenti, sotto la cenere dello scetticismo, non s'è mai spenta l'antica speranza del Regno, l'antica attesa della carità che sostituisca la legge, l'antico sogno di Gioacchino da Fiore, degli Spirituali, dei Celestini. (Ignazio Silone)

Lo so bene che il nome cafone, nel linguaggio corrente del mio paese, sia della campagna che della città, è ora termine di offesa e dileggio; ma io l'adopero in questo libro nella certezza che quando nel mio paese il dolore non sarà più vergogna, esso diventerà nome di rispetto, e forse anche di onore.

Scanno

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Il borgo di Scanno è situato ad un altezza di 1050m, facente parte del Parco Nazionale d' Abruzzo e rientra tra i "i borghi più belli d'Italia".  Luogo che, grazie anche al bellissimo lago di Scanno, ha un forte richiamo turistico e scenografico, posti assolutamente imperdibili per gli appassionati di fotografia. Trovandosi nei pressi del parco nazionale non sono rari gli sconfinamenti da parte dell'orso marsicano e altri animali caratteristici della fauna del parco come lupi e cervi. Passeggiando per i bellissimi vicoli stretti del borgo storico si respira in pieno l'aria di tradizione e testimonianze rimaste immutate nel tempo.

"Vedessi che costumi strani e splendidi portano le donne! Par d’essere in Oriente: l’illusione è perfetta. Turbanti di seta ricamati d’oro e d’argento, grandi grembiuli fiammanti, maniche larghissime, una ricchezza di pieghe meravigliose"
Gabriele d'Annunzio

 

Pescocostanzo

Il bellissimo borgo di Pescocostanzo è situato ad una altezza di 1400m in provincia dell'Aquila e fa parte della comunita del'altopiano delle cinque miglia e degli altopiani maggiori d'Abruzzo. Oltre ad avere un grande patrimonio storico-culturale è uno dei borghi di riferimento per la regione anche da un punto di vista turistico. I vicoli sono ricchi di monumenti ed edifici dell'epoca rinascimentale barocca. Tra il 1400 e 1700 il borgo aumentò la propria importanza con un economia di tipo artigianale, tuttora rimangono alcune attività storiche artigianali come il settore tessile o dei mobili antichi, benchè i servizi turistici sono l'economia principale attuale. A supporto dello sviluppo turistico sono stati introdotti recentemente anche impianti sciistici. 
Testimonianza del forte legame con le tradizioni vi è la festa degli antichi mestieri che si tiene annualmente e la festa degli gnomi.
Il famoso bosco di Sant'Antonio situato nelle vicinanze, l'unione con il comprensorio di Rivisondoli e Roccaraso e strutture sempre più moderne ed efficienti ne fanno una delle zone montane più forti e organizzate della regione da un punto di vista dell'accoglienza e dei servizi offerti.

"La politica non abita in Pescocostanzo, ma sopra i tetti riposano le nuvole" Evgenij Evtushenko

 

Pacentro

Pacentro è considerata uno dei borghi più belli al mondo e si trova nel Parco Nazionale della Majella, facendo da ingresso alla Valle Peligna. Di grande impatto scenografico e storico, è uno dei borghi fortificati meglio conservati in Abruzzo. Numerosi sono i segni medievali e rinascimentali che si hanno visitando i vari vicoli. Da menzionare sono sicuramente il centro con la piazza del Popolo e la fontanta seicentesca, ma soprattutto il famoso Castello Caldora. Quest'ultimo, costituito da tre torri del XIV secolo e da una cinta muraria del XV secolo, è uno dei castelli più belli in Italia, utilizzato come edificio strategico di difesa con vista in tutta la Valle Peligna. Famosa a Pacentro è la festa della Corsa degli Zingari, che si ha la prima domenica di settembre in occasione delle celebrazioni in onore della Madonna di Loreto. Lo "zingaro" in questo caso rappresenta colui che cammina scalzo, i giovani del paese eseguono una dura corsa a piedi nudi dalla pietra spaccata di Pacentro. Il percorso prosegui lungo il crinale di colle Ardinghi, seguono il sentiero lungo il torrente Vella per poi risalire ripidamente il paese. Una corsa durissima che termina sul marmo della chiesa della Madonna di Loreto, il vincitore viene portato in trionfo fino alla sua abitazione, il quale porta un drappo di stoffa come premio per la vincita della corsa. 

Richard Keppel Craven 1837
Posto su una superficie di contrafforte, che è parte di una catena ancora più alta e lunga, conosciuta con il nome di Meiella e considerata una delle zone più elevate del Regno. I suoi picchi più alti sono perennemente coperti di neve; sui fianchi sorgono alcuni villaggi popolosi, mentre nelle valli più elevate si trovano pascoli meravigliosi.
È particolarmente famosa la varietà e qualità di erbe medicinali, che crescono soltanto nella sua zona; esse danno lavoro e reddito ad un buon numero di persone, occupate nella loro raccolta durante tutta l’estate. Pacentro si trova all’ingresso di una gola, attraverso cui un’antica via, che è sempre stata impraticabile per una carrozza, conduceva a Palena

Barrea

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Tra i borghi autentici d'Italia, Barrea è una perla dell'Abruzzo, immerso nel Parco Nazionale d'Abruzzo ad un altezza di 1050m su uno sperone di roccia. Fa parte della comunità montana dell'alto sangro e altopiano cinque miglia. Di grande impatto turistico si trova nelle vicinanze di posti stupendi come Passo Godi, Camosciara, Pescasseroli e Opi.
Sede di partenza per molte delle escursioni più belle del Parco Nazionale d'Abruzzo come ad esempio il sentiero che da Barrea arriva al Monte Greco (2285m). Il borgo storico è ricco di testimonanze medievali composto da vicoli stretti, case in pietra e antiche chiese. Essendo nel pieno del Parco è frequente la gentile e graziosa visita di cervi nel cuore del paese. Il lago di Barrea è un lago artificiale ottenuto nel 1951 con lo sbarramento del fiume Sangro attraverso una diga nella foce di Barrea.

Roccacaramanico
 

Nel cuore del parco nazionale della Majella a 1080m di altitudine vi è il bellissimo borgo storico di Roccacaramanico. A poca distanza da Sant'Eufemia a Majella e da Passo San Leonardo  è un borgo ricco di storia e ormai spopolato situato alla base del monte Morrone che è possibile raggiungere partendo dal vecchio cimitero del paese. Camminando per le strette vie tra le case in pietra si respira un'atmosfera magica e surreale.  Divenuto un paese fantasma intorno agli anni 60 ultimamente sta riprendendo vita grazie al turismo, diversi hanno ripreso vecchi ruderi per farne seconde case in questo posto incantato. 

Santo Stefano di Sessanio

Il borgo di Santo Stefano di Sessanio si trova in provincia dell'Aquila ad una altitudine di 1251m rientra tra i borghi più belli d'Italia. Una perla d'Abruzzo, di proprietà della famiglia Medici in epoca medievale ne è rimasto intatto il clima di tradizione e storia che si ha passeggiato tra gli incantevoli stretti vicoli del borgo storico. Fa parte del Parco Nazionale del Gran Sasso e monti della Laga di cui fa da porta d'ingresso nella parte meridionale per accedere a Campo Imperatore.
Negli ultimi anni sta avendo un incremento di turismo, sia per la sua bellezza storica sia come punto di partenza per le innumerevoli escursioni possibili nel parco. Santo Stefano viene considerato oggi un "albergo diffuso Sextantio" in cui vengono utilizzati i palazzi storici medievali come alberghi e ottimi punti di ristoro con prodotti genuini.

Santo Stefano di Sessanio su Abruzzoom

Pescasseroli

 

Pescasseroli è uno dei centri principali del Parco Nazionale d'Abruzzo, situato ad un altezza 1167m è uno dei paesi più turistici dell'intera regione. Dotata di una rinomata stazione sciistica (monte delle Vitelle) e un ottima organizzazione Pescasseroli è il centro organizzativo del parco con molte delle attrazioni turistiche principali poste nelle vicinanze. Piazza Sant'Antonio rappresenta il centro del paese circondata da numerosi vicoli con molti negozi e botteghe con tradizioni e prodotti del posto. Cosi Benedetto Croce, nativo di Pescasseroli, ne descrive la bellezza nel "Discorso di Pescasseroli": «…Eppure io ho tenuto sempre viva la coscienza di qualcosa che nel mio temperamento non è napoletano. Quando l'acuta chiaroveggenza di quella popolazione si cangia in scetticismo e in gaia indifferenza, quando c'è bisogno non solo di intelligenza agile e di spirito versatile, ma di volontà ferma e di persistenza e resistenza, io mi son detto spesso a bassa voce, tra me e me, e qualche volta l'ho detto anche a voce alta: - Tu non sei napoletano, sei Abruzzese! - e in questo ricordo ho trovato un po' d'orgoglio e molta forza.»

 OPI
 

Bellissimo borgo medievale nel cuore del Parco Nazionale D'Abruzzo. Situato ad un altezza di 1250m in un naturale anfiteatro tra monti stupendi come il gruppo montuoso del Marsicano e del monte Petroso. Da Opi parte la strada di Forca d'Acero che conduce nel Lazio attraverso una meravigliosa faggeta. Nelle vicinanze sono facilmente ragiungibili luoghi come la Camosciara e la Val Fondillo.

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Maurits Cornelis Escher Opi 1929
 

CIVITELLA ALFEDENA
 

Il paese si trova ad un' altezza di 1123m, ai piedi del Monte Sterpi d'Alto (1966 m), a pochi km dal lago di Barrea e dal borgo di Villetta Barrea nel Parco Nazionale d'Abruzzo. E' punto di partenza di numerosi sentieri verso i monti Marsicani. Da visitare è la ben organizzata Area Faunistica del Lupo, dove lungo il percorso è possibile ammirare dei bellissimi esemplari di lupi.

PIETRACAMELA 
 

Immersa nella natura a pochi km da Prati di Tivo ad una altitudine di 1000m rientra tra i "borghi più belli d'Italia". Passeggiando lungo gli stretti vicoli ci si inoltra in un ambiente antico e inalterato con chiese meritevoli di menzione come San Rocco e San Giovanni. Il borgo domina la valle del Rio Arno ed è punto iniziale per escursioni sia estive che invernali. Rientra nel territorio di Pietracamela la riserva naturale del Corno Grande data la sua estrema vicinanza al re degli Appennini. Il nome deriva molto probabilmente dal riferimento al masso su cui è stato costruito il paese, "Preta". Anticamente ed in epoca medievale il paese veniva chiamato con il nome di Petra, Petra Camerii, Petra Cimmeria nel 600. La sua storia è fortemente legata alle vicende storiche della Valle Siciliana. Il patrono del paese è San Leucio, all inizio del paese vi è la chiesa ad egli intitolata.

CASTELLI

 
Castelli è dei borghi più belli d'Abruzzo, incorniciato dalla catena del Gran Sasso, che svetta imponente sul versante teramano con i monti Camicia e Prena in primo piano. 
Il borgo deve la sua fama nazionale, e non solo, alla produzione di maioliche. L'arte della ceramica di Castelli è un'eccellenza e un orgoglio made in Abruzzo da salvaguardare e tutelare nel tempo. Le vivaci decorazioni divennero note già dal XVI secolo. Durante il Rinascimento, infatti, la signoria dei Mendoza si stabilì nel borgo e con il loro supporto, ma grazie anche alla presenza di artigiani eccezionali, l'arte locale della ceramica divenne sempre più nota. Nel 1984 a Castelli è stato istituito il Museo della Ceramica volta a custodire le tradizioni e l'arte storica. Inoltre, nel territorio del borgo sì trova la Chiesa di San Donato, che è stata definita da Carlo Levi “la Cappella Sistina della Maiolica".

Ad Isola e nelle località vicine, soprattutto a Castelli, distante dalla prima appena un’ora di cammino, , era fiorente un tempo l’arte della ceramica, iniziatasi qui, secondo gli studiosi, all’epoca degli etruschi che sono pertanto considerati i maestri dell’antica popolazione insediatasi in queste contrade. Nelle più remote località della provincia di Teramo si trovano ancora parecchie opere in ceramica databili dall’VIII fino al XIV sec. e precisamente ad Atri, Santa Maria a Mare, Loreto Aprutino ecc. …Attualmente l’arte della ceramica persiste come un triste ricordo soltanto a castelli, il centro principale e più antico di quest’industria, dove si trovano alcune misere fabbriche che producono pessime maioliche per l’uso quotidiano.
Alfred Steinitzer 1911
"Tre settimane negli Abruzzi"

 

CIVITELLA DEL TRONTO

 

Tra i "borghi più belli d'Italia" questo meraviglioso borgo si trova al confine marchigiano. Stretti vicoli ci conducono fino alla famosa fortezza in una bellissima posizione panoramica. Tra questi vicoli vi è la ruetta, la via più stretta d'Italia, seppur in diatriba con il comune di Ripatransone per la detenzione di questo titolo. Uno dei borghi più visitati d'Abruzzo è una perla in cui ogni stretta via regala sorprese.  

CASTEL DEL MONTE

 
Un borgo situato nel cuore del Gran Sasso, è una delle vie di accesso alla piana di Campo Imperatore più note e belle. Rientra, senz'altro con merito, tra i "borghi più belli d'Italia". I vicoli stretti e incantevoli ci avvolgono in un'atmosfera ricca di pace e storia. Meritevoli di menzione sono le diverse gallerie sotteranee che passano sotto il paesino attraverso la roccia. Il borgo è in fase di restauro dopo i danni dovuti ai vari terremoti accorsi negli ultimi anni. Per la sua atmosfera medievale sono stati girati diversi film come Lady Hawke (1985). 

Castel del Monte ….le strade strette e scoscese con budelli scuri, archi, case che ti sovrastano, gradinate ed entrate un po’ sinistre e buchi dappertutto. In uno o due case c’erano mattonelle blu e nere, bianche o porpora, nere e bianche o nere, arancio e bianche intorno al focolare o sui marmi. Erano molto belle e in alcune chiese tutto il pavimento era ricoperto di queste mattonelle e in uno o due casi sembravano proprio orientali. Nel paese c’erano delle grotte sotto la chiesa in cui i morti venivano calati attraverso aperture nel pavimento che poi venivano sigillate con lastre di pietra. I poveri venivano sistemati disordinatamente in una grotta comune chiamata carnaio, mentre i ricchi avevano grotte speciali sotto le loro cappelle nella chiesa; anche i preti avevano le loro tombe personali, venivano interrati con i loro abiti e calati giù seduti su sedie o su sedili massicci con la testa appoggiata su un forcone di legno, sostenuti da corde sotto le ascelle e i piedi. Dopo il colera del 1860 i cadaveri vennero tolti dal carnaio della chiesa e sepolti in un cimitero all’esterno. Donne dall’aspetto fiero e primitivo, con gioielli e fazzoletti colorati, portano conche e orci di terracotta sulla testa e si recavano verso la fontana; fummo subito circondati da uomini, donne e bambini dallo sguardo indagatore. La parte alta del paese è chiamata Recetto, ci sono delle torri che nel Medio Evo erano l’ultimo rifugio e la roccaforte in cui gli abitanti si rinchiudevano per salvarsi. Le strade che portano al Recetto avevano anticamente cancelli di ferro che si chiudevano per difendersi dalle incursioni dei predatori e dei briganti.
Estella Canziani 1914, " Attraverso gli Appennini e le terre degli Abruzzi. Paesaggi e vita paesana"

 

foto da #casteldemontegransasso

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«D'azzurro, al castello d'argento, merlato di sei alla guelfa, chiuso e murato  di nero,  torricellato di un pezzo centrale, merlato di tre alla guelfa, finestrato  e murato di nero; esso castello accompagnato dai 5 colli  all'italiana d'oro,  uniti, il centrale più alto, fondati in punta.

Ornamenti esteriori da Comune.»

CARAMANICO TERME

 
Uno dei comuni più belli e rinomati della provincia di Pescara ad una quota di 600m. Famosa come località termale, le fa da cornice la Majella occidentale con la valle dell'Orfento e il percorso del fiume Orta a caratterizzare il paesaggio che circonda il borgo. Tantissimi sono i sentieri che partono da Caramanico inoltrandosi nei bellissimi boschi intorno, i vari corsi d'acqua e luoghi magici della Majella come la valle Giumentina. Il centro storico è piccolo ma grazioso con negozi e negozi caratteristici assolutamente da visitare. 
San Tommaso (chiamato anche San Tommaso del monte o di Paterno), insieme ad altra cinque contrade, appartiene alla località di nome Caramanico, che, fondata da San Clemente, si trova su di un affluente meridionale del Pescara ed ai piedi del monte Cavallo, appartenete al gruppo della Maiella. Accanto a questa si trovavano prima un convento dei Brasiliani, quindi dei Celestini. Un monumento ritrovato, che si trova nella chiesa, ascrive la fondazione della stessa nell’anno 45 ad un certo Antimo da Antiochia, battezzato da San Pietro, e che avrebbe convertito con la sua predica molta gente nel luogo, chiamato precedentemente Rufino. I tre arcangeli avrebbero portato a termine la costruzione dell’edificio iniziato ad essi avrebbero dedicato lo stesso originariamente a Dio ed a San Romano, ed avrebbero collegato le remissioni alla loro vista. Un cambiamento del nome della chiesa in onore di San Tommaso, che tra l’altro era già patrono del duomo della vicina Chieti nel XI sec., può essere stato dovuto al trasferimento delle reliquie all’apostolo, avvenuto dopo l’acquisizione del 1258, ed alla crescita che prese la sua venerazione per questo fatto nella zona. 
Heinrich Schulz
"Monumenti dell’arte medievale in Italia meridionale. Tra le meraviglie dell’arte romanica"
1840

 

CORVARA

Il toponimo Corvara deriva molto probabilmente dal termine unno "kara - var", paese dei bruni.  Il paese è un tipico borgo medievale situato nelle vicinanze di Forca di Penne. Ormai è un paese fantasma, visto che è quasi completamente disabitato. Presenta caratteristiche tipicamente medievali con vicoli stretti e case e scale in pietra. Passeggiando per il paese sembra di entrare in un altra dimensione, case e negozi abbandonati ci fanno respirare la vita passata avuta dal borgo. A partire dal secondo dopoguerra il paese è andato via via spopolandosi per motivi di lavoro e di inaccessibilità del posto. Al di sopra del borgo si trova il monte Aquileio. Per il futuro vi è l'idea di trasformare il borgo in un albergo diffuso, così come è avvenuto a Santo Stefano di Sessanio.

Corvara su Abruzzoom

TARANTA PELIGNA

 

«...e questo è il campanile di San Biagio, e questo è il fiume e questa è la mia casa.» Gabriele d'Annunzio nella figlia di Iorio.

Situata nel cuore della parte orientale della Majella, Taranta Peligna è un borgo circondato da sentieri e oasi naturali come Le Acquevive dove il percorsso del fiume Aventino da la sua impronta sul territorio. La chiesa di San Biagio venne fortemente danneggiata, così come l'intero paesino, durante la seconda guerra mondiale ad opera dei tedeschi data la sua posizione lungo la linea Gustav. Della chiesa di San Biagio rimane la famosa facciata. Fanno parte del territorio di Taranta Peligna luoghi simbolo della Majella come la grotta del Cavallone, il meraviglioso vallone di Taranta e Grotta Canosa situata oltre i 2000 metri nei pressi del Vallone di Femmina Morta.

CASTROVALVA



Maurits Cornelis Escher, 1929, Taccuino di viaggio “Ho trascorso quasi un giorno intero seduto a disegnare a lato di una stretta strada di montagna. Sopra di me c’era la scuola di Castrovalva e mi divertivo a sentire le chiare voci dei bambini mentre cantavano le loro canzoncine”.

Situato su uno sperone di roccia, ad una quota di 820 metri, nel cuore delle Gole del Sagittario, il borgo di Castrovalva è una perla ormai disabitata, immersa in un'atmosfera surreale dove il tempo sembra essersi fermato. Circondato da strapiombi sulla valle del Sagittario, è un piccolo centro con una piazzetta e un paio di chiese, avvolto da un clima fiabesco e genuino.
Il borgo è raggiungibile in auto o attraverso il sentiero 18 (il sentiero geologico) che parte dal Centro Visite delle Gole del Sagittario. Merita sicuramente una visita in un contesto di quiete e tranquillità e con panorami unici.


"Simile ad un nido di aquile appare il villaggio di Castrovalva, che sembra incollato su una sommità a sinistra di chi guarda e non si comprende come degli uomini potettero stabilirsi u un’altura così solitaria."
Alfred Steinitzer 1911


L'ospitalità è una delle virtù più comuni agli Abruzzesi in generale ed in particolare agli abitanti de' paesi alpestri e montagnosi. (Francesco Mastriani)

borghi italia

FONTECCHIO

Situato nel parco nazionale del Sirente Velino a poca distanza dalle grotte di Stiffe, Fontecchio è uno dei borghi più caratteristici del parco.

Borgo che regala piacevoli sorprese al visitatore, passeggiando tra i vicoli stretti ci si inoltra in piena epoca medievale. Percorrendo le vie del centro storico passando per la Torre dell'orologio, la fontana di Piazza del Popolo e tanto altro la visita è sicuramente piacevole in una dimensione lontana.

PENNADOMO

Il borgo di Pennadomo è caratteristico per le sue famose falesie: non a caso il nome deriva da "pinna", masso affiorante dal terreno. 
Prima di arrivare al borgo, lungo la strada che passa sopra il torrente San Leo, sulla destra, ci sorprende l'ingresso delle Gole di Pennadomo. Maestosi guglie rocciose circondano il corso d'acqua i n un ambiente ricco di silenzio, immerso in un' atmosfera unica. Alla fine delle gole è possibile raggiungere in poco tempo la Cascata di San Leo, chiamata anche Cascata della Gran Giara. Inoltrandosi nel borgo, invece, si salgono via via numerosi gradini che ci conducono ad un belvedere, dove si può ammirare un panorama stupendo a 360 gradi, che  spazia dal lago di Bomba alla Majella, e non solo.
Il borgo di Pennadomo è ricco di storia coincidente spesso con la vicina luvanum, un antico municipio romano, diventato oggi un sito archeologico importante, ma poco valorizzato.
Pennadomo regala tante sorprese in Abruzzo,  lontane dal turismo di massa...ma forse è meglio cosi.














 

ANVERSA DEGLI ABRUZZI


Anne Macdonnell, 1908, 
“… Nel tratto che va da Villalago ad Anversa il corso del Sagittario riempie lo spettatore di paura e di un selvaggio piacere… Eppure questa terra di picchi e di baratri, di creste e di burroni, colma di forme inquiete e di grandi silenzi, serba per il visitatore le sue sorprese …” 

Uno dei Borghi più belli d'Italia, facente parte della comunità montana Peligna, nel contesto meraviglioso delle gole del Sagittario, Anversa non passa inosservata nel nostro passaggio lungo la strada che da Cocullo ci conduce verso Scanno. Nel 1905 vi giunse Gabriele d'Annunzio in quale fu colpito dalle rovine del castello normanno e trasse ispirazione per la stesura di uno dei suoi tanti capolavori "La fiaccola sotto il moggio". 

Edward Lear, 1846, 
“Il paese di Anversa, che secondo Giustiniani ha ottocentocinquanta abitanti, si trova su di una ripida altura e il suo castello diroccato domina l’ingresso del passo. Il castello di Anversa, si vede all’ingresso della gola, le stupende rocce, che sono da una parte e dall’altra del sentiero, superano ogni immaginazione"

Pietro Destephanis  1854, 
“… Le donne però si covrono con covertjo di lana detto ‘fasciaturo’. Le popolane sia di Anversa che di Castro portano sul capo un fazzolo di mussolo piegato in figura triangolare, hanno la gonnella a crespe di panno di lana, di colore torchino, cinta con oncinelli di ferro filato...” 

Thomas Ashby, 1920
A circa metà strada da Scanno c’è il paese di Anversa, che ha due chiese antiche, la parrocchiale di San Marcello e la Madonna delle Grazie, con bei portali rispettivamente gotico e rinascimentale, e i ruderi di un castello costruito nel 1406, dove Gabriele D’Annunzio ha ambientato la Fiaccola sotto il Moggio. Il paese si trova all’imbocco della gola del Sagittario, straordinariamente stretta e selvaggia, un luogo davvero impressionante. Al tempo di Edward Lear, essa era attraversata solo da un sentiero, e Lear ne fu tanto colpito che passò vari giorni a disegnarla. “Mi mancano le parole - egli scrive - per dare anche solo una pallida idea della terribile magnificenza della scena”. 

 

TAGLIACOZZO

Richard Colt Hoare 1791

Lasciando Avezzano, ho diretto il mio viaggio attraverso la vallata di Desolino verso i paesi di Cappelle e di Scurcola, e di qui, attraverso i Campi Patentini, a Tagliacozzo, una città assai lontana, costruita sul lato destro di una profonda gola o valle, all’estremità di cui un’abbondante corrente d’acqua irrompe da dietro un’alta montagna e immediatamente diventa un fiume.

Edward Lear 1846
Dal paese di Rocca Cerri, siamo discesi per un sentiero ripido e tortuoso e ci siamo trovati all’altezza del castello di Tagliacozzo, che domina l’ingresso nella pianura sottostante. L’antiva 15 via Valeria, proveniente da Roma, l’attraversava e le su vestigia sono ancora visibili presso il castello… Non ho mai visto nulla di più maestoso dell’ingresso a Tagliacozzo: è un burrone a precipizio, che in apparenza sembrerebbe fatto ad arte; infatti alcuni lo cosideravano in parte costruito dai romani per il transito della via Valeria. Un monastero con un Calvario, o catena di cappelle, sta all’ingresso di questa straordinaria gola, che ha come pareti da un lato rupi immense e nella cima un castello in rovina, dall’altro precipizi a strapiombo; tra di esse è la cittadina che si distende degradando fino al piano sottostante; il tutto poi si completa con le tra cime del torreggiante Velino che chiude nello sfondo il vallone. La cittadina ha un aspetto assai singolare con quel Palazzo Mastroddi che ha una bella posizione in mezzo al verde presso la Piazza. “…e là da Tagliacozzo/ ove senz’armi vinse il vecchio Alardo”, sono i versi Dante (inf., XXVIII, 17-18) che hanno reso il nome di questa cittadina familiare al lettore di poesia italiana. La battaglia tra Corradino e Carlo fu combattuta a non molta distanza da qui, tuttavia fa meraviglia che la famosa, benchè decaduta, città di Alba o la moderna Avezzano, vicino alle quali realmente avvenne lo scontro, non siamo riuscite a collegare i loro nomi ad un così grande evento storico; ma Tagliacozzo allora forse era la località più importante. Oggi questa cittadina ha più di tremila abitanti ed è la più fiorente di tutta la Marsica. Non c’è nessun ricordo secondo il quale nel sito di Tagliacozzo anticamente sorgesse un’altra città, anche se i nomi di Taliaquitium, Taleocotium, abbiano fatto dire delle ingenuità a studiosi di storia e di etimologia; fu un’importante roccaforte e per il possesso si fecero guerre nel medioevo perché dominava sul passaggio tra Stato della Chiesa e Regno di Napoli; di conseguenza i conti, o duchi, di Tagliacozzo, furono potenti baroni. Nel 1442 il re Alfonso la concesse agli Orsini; nel 1497 Fabrizio Colonna l’ottenne dal re Ferrante, i Colonna posseggono ancora gran parte delle terre attorno alla città. Tagliacozzo è meta di molti pellegrini devoti perché ha il corpo del vescovo Tommaso da Celano, il quale è conservato nella chiesa di san Francesco; la Madonna detta dell’Oriente vi è anche assai venerata, ma non si sa perché il vescovo di Venosa non ne dia notizia. Altre citazioni sul paese le possiamo leggere nelle opere di Monsignor Corsignani, Reggia Marsicana, II, 281, in cui parla di uno strano chirurgo, Gasparo di Tagliacozzo “uomo famoso per sanare i nasi recisi dà visaggi”…. …Siamo entrati a Tagliacozzo dal basso ed abbiamo trovato un grande cambiamento nel suo aspetto da quando l’abbiamo visitato in luglio. Il prato davanti alla città era gremito di gente, le case più o meno addobbate per la festa della Madonna dell’Oriente, festa che si tiene una volta nel secolo e perciò con grande pompa e spese. Tutto intorno alla piazza erano stati innalzati un colonnato provvisorio e, nel centro, una graziosa cappella in stile gotico fatta di legno ornato, dentro la quale viene esposto il quadro della Madonna; infatti a Tagliacozzo nessuna chiesa è sufficientemente ampia da contenere tutta la moltitudine che si aspetta. In questa cappella il vescovo di Solmona doveva officiare una messa solenne, visto che il vescovo dei Marsi era assente. In ogni lato erano stati piantati pali e attrezzature in ferro per l’illuminazione, la fontana era stata posta in secco e usata come deposito di materiale per fuochi d’artificio… Siamo andati a Palastro Mastroddi, un elegante edificio, costruito dal nonno dell’attuale proprietario, don Filippo Mastroddi; una scala nobile ornata con antichi resti, iscrizioni e busti di uomini celebri del distretto, introduce in una file di stanze eccellenti, perfettamente pulite, ben tenute, anche se con pochi mobili; nella più ampia di esse, c’era un pianoforte in buono stato. La maggior parte di queste camere comunicava con una vasta loggia coperta, costruita al di sopra delle volte delle case adiacenti e che dava sulla Piazza. ...

Oggetto: Alessandro Bianco di Saint-Jorioz
Cronologia: 1860-1863
Opera: Il brigantaggio alla Frontiera pontificia. Le bande dei briganti nell’aquilano dal 1860 al 1863.

Suddiviso in alto e basso paese, offre opposti caratteri e differenti inclinazioni e tendenze. L’ alto paese abitato dall’infima plebe e da quelli che si domandano propriamente “caffoni”, quasi tutti trafficanti con lo Stato Pontificio, sente pessimamente: ostile all’attuale Governo ed ogni utile innovazione, fu l’agente proncipale della reazione del primo dicembre 1860. Serba tuttore ligia affezione, benchè di nascosto, al cessato regime…Mormora pesantemente sul ritiro della moneta di rame, e vede di mal occhio sparire i vecchi quattrini…Altamente si querela per l’aumento delle imposte, la carenza dei viveri, e apertamente dice che del nuovo Governo finora non sente che pesi, balzelli, gravezze d’ogni sorta, vessazioni e smugnamento sopra grande scala. Il basso paese al contrario, abitato da industriosi braccianti della media classe, e da quella che forma l’alta borghesia, è discretamente buono per non dire indifferente…Il clero in generale è cattivo, irrequieto, preponderante; avverso alle libere istituzioni…I redditi del Comune vengono malamente amministrati: molti terreni attigui al paese, esclusiva proprietà comunale, son tenuti da particolari propietari che ne godono in frutto, a scandalo della popolazione che mormora pei violati diritti, e vede con rammarico i redditi di tutti servire piuttosto all’utile individuale, che ai comuni bisogni e alle indispensabili urgenze. Nessuna delle parrocchie è fornita di cimiteri: si tumulano i morti nell’interno delle chiese, a scapito dell’igiene e della morale; dell’igiene, perché dovendosi spesso aprire le tombe, entro cui fermenta la putrefazione, esala un odore pestilenziale, causa spesse fiate di mali epidemici e contagiosi; della morale, perché dopo un certo tempo dette tombe restando impedite di scheletri ed ossa è d’uopo, per rimettere nuovi cadaveri, estrarle ed ammonticchiarle in appositi serbatoi, ove restano esposte agli occhi di tutti, a scapito del rispetto dovuto agli estinti. Provvedimento pure indispensabile sarebbe quello di vietare con multe gravi e pene che si gettassero le immondizie dalle finestre nelle pubbliche vie, dove…imputridiscono a danno della pubblica igiene.

 

CAPESTRANO

Le prime testimonianze di Capestrano risalgono all'epoca dei Vestini, l'attuale territorio del comune corrisponde all'antica Aufinum. Situata nella zona tra Ofena e Capestrano, Aufinum è stata una città dei Vestini nel periodo del IX secolo a.C.. Menzionata per la prima volta da Plinio il Vecchio era collegata probabilmente con la città di Peltuinum situata tra gli attuali San Pio delle Camere e Prata d'Ansidonia.
Il paese attuale di Ofena prende il nome proprio dalla vecchia città vestina sebbene distante. Su questa area archeologica è stato rinvenuto il famoso guerriero di Capestrano, uno dei simboli dell'Abruzzo durante scavi nel 1934.
In anni più recenti altri scavi hanno ritrovato reperti e sepolture databili tra il II e l'VIII secolo a.C.

Il guerriero di Capestrano (VI sec. a.C.).
È una possente scultura in marmo e pietra, scoperta casualmente nel 1934 da un contadino nei pressi di Capestrano (Aq). Sul pilastro destro della statua è incisa un'iscrizione in lingua sud-picena; secondo un'interpretazione più attendibile dell'epigrafe l'immagine rappresenterebbe il re Nevio Pompuleio, capo dell'antico popolo italico dei Vestini, e sarebbe stata realizzata dallo scultore Aninis. Il guerriero è conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Chieti, nella sala allestita da Mimmo Paladino, ed è testimonianza di un sistema monarchico e del costume funerario italico dell'epoca arcaica.




Richard Keppel Craven 1837
La città di Capestrano, a est della pianura aquilana, ha più di duemila abitanti; una volta apparteneva alla famiglia granducale Medici e, dopo essere passata attraverso il possesso di parecchi principi di quella casa, alfine tornò a quella di Borbone, che occupava il trono napoletano, ma essa darebbe pochi motivi di ricerca al viaggiatore e allo storici, se non avesse l’entusiasmo, e forse il fanatismo, rendevano frequenti nell’età che lo diede alla luce.

 “E quindi passai in terra d’Abruzzi dove gli uomini e le femmine vanno in zoccoli su pei monti, rivestendo i porci delle lor busecchie medesime; e poco più in là trovai genti che portavano il pane nelle mazze e il vin nelle sacche; da’quali alle montagne dei Baschi pervenni” (Boccaccio, Decameron, VI giornata).

VASTO


𝘝𝘢𝘴𝘵𝘰 𝘤𝘪𝘵𝘵𝘢̀ 𝘥𝘪 𝘨𝘳𝘢𝘻𝘪𝘢, 𝘧𝘪𝘰𝘳𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘮𝘪𝘢 𝘵𝘦𝘳𝘳𝘢”, 𝘎𝘢𝘣𝘳𝘪𝘦𝘭𝘦 𝘋'𝘈𝘯𝘯𝘶𝘯𝘻𝘪o

Il frate domenicano Serafino Razzi visitò per tre anni a partire dal 1574 l'Abruzzo, con il suo lavoro e le sue annotazioni ci ha regalato un'importante testimonianza di usi e costumi della nostra terra all'epoca. Le sue descrizioni sono dettagliate e meticolose, il suo viaggio parte da Penne per poi scendere lungo la costa da Pescara fino a Vasto non tralasciando anche i territori dell'alto Sangro.
"Il Vasto: Terra deliziosa, che già era chiamata una picciola Napoli, risiede in sito basso, rispetto a gli alti monti che gli stanno alle spalle: ma alto però e rilevato in comparazione al mare che gli sta davanti, e vicino circa mezzo miglio. Abonda questa Terra di ogni bene, di pane, di carne, di pesce, e d’uova. Et il vino ciò in tanta copia che ciaschedun’anno se ne caricano assai barche per Ischiavonia, per Vinezia e per altri luoghi. E con tutto che siano vini preciosi, sono nondimeno per lo più del tempo a bonissimo mercato.Del grano, se ben la Terra non ne raccoglie molto, tanto nondimeno ce n’è recato d’ogni contorno a’ 40 miglia, per la commodezza del mare e dei mercati. Abonda ancora il Vasto di olio, di aranci, tenendone negli boschetti d’ogni intorno, e massimamente verso la marina. Insomma si dice quasi per proverbio tra la plebe, questo paese «essere come una cuccagna, in cui sempre si beve e si magna."

Non manca anche una meravigliosa descrizione di Punta Penna:" Insomma, la Torre della Penna del Vasto è di sito rilevato su la ripa del mare profondo più che in verun’altro luogo di questa riviera: e di bellissima veduta: e di aria salutevolissima: non dee cedere, per mio avviso ad alcun’altra di questa riviera, e di questo regno, e golfo Adriatico."



Altura di Vasto
Paradiso incastonato
Tra cielo e mare
Aranci e mandarini
Sorrisi vivi in ogni dove
e colori del Palizzi. 

Cesare De Titta

 

CELANO

Richard Keppel Craven 1837
Celano, in piacevole posizione su un colle che forma tutt’uno con il contrafforte del monte Velino, èatre miglia dal lago, da cui domina tutta la distesa. Questa posizione elevata le a ssicura il vantaggi di un aria più pura e più salubre; si calcola che la sua popolazione sia di tremila abitanti. Poco si a sulla sua origine, ma la si crede posta sul sito di un’antica città chiamata Cliternia. La potenza del suo signore feudale si mostrò in modo ostile contro la dinastia Sveva, e di ciò Federico II si risentì nel modo più terribile nel 1223. questo principe nn solo saccheggiò e distrusse la città, ma inviò i suoi abitanti a colonizzare remoti distretti in Calabria e in Sicilia, e anche lontano fino a Malta. Egli fece stanziare una nuova popolazione tra le su mura rovinate e dopo cercò di ricostruirla come città sotto il nome di Cesarea; questa poi con il passare degli anni riassume il nome originario, che nei tempi moderni è stato attribuito anche al lago. Dopo quest’epoca, Celano fu considerata feudo di grande importanza e successivamente concessa a parecchie potenti famiglie; appartenne per molto tempo a una il cui patronimico cedette il posto al titolo; la erede di quella, Giovanna, o Novella, di Celano, è citata dagli storici napoletani come un personaggio tristemente famoso per le vicissitudini della sua fortuna. Essa fu in un primo momento maritata al nipote di Papa Martino V (della Casa Colonna), che desiderava, attraverso la sua alleanza, assicurargli l’influenza e la ricchezza legate all’eredità di lei. L’unione si dissolse rapidamente perché abbandonò il marito senza alcun apparente motivo, e sposò il di lei nipote Leonello Acclocciamurro, senza aspettare la dispensa della Senta Sede. Da questo nuovo matrimonio nacque un figlio, Rugerotta, il quale, quando giunse all’età virile, perseguitò sua madre con la più innaturale ostilità. Egli si schierò con la parte angioina, nemica della famiglia aragonese che proteggeva la contessa, e riuscì dopo un lungo assedio a farsi padrone della città e del castello di Celano, in cui la madre si era difesa per parecchi mesi. Essa fu gettata in una segreta e vi rimase per lunghi anni; suo figlio prese possesso di tutte le sue tenute, il cui godimento gli fu riconfermato. Tuttavia, con il passare del tempo, un rovescio di fortuna riportò a lei la libertà per interessamento di Papa Pio II (Enea Silvio); dopo la sua morte, la contea di Celano e tutte le sue dipendenze furono conferite alla famiglia Piccolomini, strettamente legata per parentela al Papa e grandemente favorita dalla dinastia aragonese, la quale parimenti ne creò capostipite Antonio, duca di Amalfi. Questa famiglia possedette Celano fino alla sua estinzione; quando la proprietà passò alla corona. Gazzella, un autore che ha scritto un resoconto discorsivo ma non senza interesse, sul regno, riferisce che Celano diede i natali a un monaco, che egli chiama Beato Tommaso, che fu l’autore di quei ben conosciuti e suggestivi versi leonini, talvolta chiamati Sequentia mortuoum, ma meglio designati dalla parole iniziali Dies irae, Dies illa. I Piccolomini parimenti arricchirono e ingrandirono questa comunità; uno di essi nel sedicesimo secolo le fece un prezioso dono, uno squisito dipinto di Giulio Romano, che rappresenta la salita al Calvario del Salvatore. Questo nobil uomo che si chiamava Inigo, condusse quel celebre artista da Roma a Celano per fare ornare la sua cappella di famiglia in quella chiesa con lavori di quel pennello, che si possono ancora vedere in buona conservazione. Gran parte di questi feudi furono venduti dai Piccolomini alla famiglia Peretti, dalla quale furono trasferiti in anni più recenti agli Sforza Bovadilla. Attualmente la proprietà del castello è disputata tra
quest’ultimo e la famiglia Tornes dell’Aquila. 

 

Il potente castello del XV sec. è tra i più belli e ben conservati dell’Italia centrale. Pio II rimunerò suo nipote Antonio nominandolo conte di calano. Il possedimento passò poi ai Peretti, ai Savelli ed in ultimo agli Sforza. Attualmente il castello è stato dichiarato monumento nazionale, cosa che dà sicurezza ai fini della sua conservazione. Le tre chiese di Celano risalgono alla stessa epoca del castello e presentano alle facciate dei bei particolari. Nell’interno esse sono incappate sfortunatamente nella devastazione del barocco.

Alfred Steinitzer 1911



Gli Abruzzesi

Quando vai fuori, e senti domandare:

"Quello di dov'è?" Dicono: "Un Abruzzese!"

qualche sciocco è capace di pensare:

"Che terra di briganti, uh, che paese!"

 

Questa è la fama, non c'è niente da fare;

solo che nessuno chiaro lo sa dire

perché in tal caso lo vorrei interrogare

se c'è  mai stato o  l'ha sentito dire!

 

Per fargli capire che in questa terra

non si sta più, come si crede, nel Sessanta

quando ti gridavano: "Faccia a terra!",

 

Ma ci corre fischiando la macchina a vapore,

e la Pescara ci rende ricchi e canta:

che la possa  benedire il Signore!

 

E poi abbiamo tanto sole e  salute,

perché viviamo di luce e contentezza…

Sono tutti boschi, vigne, olmi, canneti;

un verde intenso, senti, ch' è una bellezza!

 

Le villanelle, belle e colorite,

ti fanno sospirar per un bel pezzo:

chi ci viene ci rimane legato:

se si ferma un anno, chi lo sradica più?

 

Le nostre case le offriamo ai forestieri:

vai altrove e poi sappimi dire

se ti offrono un mezzo bicchiere…

 

Ora, non è per vantarci da soli:

abbiamo un cuore - e Dio ci benedice -

che in altri posti non si trova più.

(Alfredo Luciani 1860)

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                                   ATRI 

Atri:
Atri, l’antica Had, i cui alti campanili sulla lunga cresta di una collina non si perdono mai di vista nelle vicinanze della città di Penne. Le strade sono mal pavimentate e strette, ma ho scoperto alcune belle vestigia in stile gotico. La cattedrale di Atri ricompensa la fatica di una visita a chi s’intende di architettura: è stato uno degli edifici in stile gotico italiano più perfetti fra quelli da me visti negli Abruzzi; nel suo interno è rimasta immutata, circostanza rara. L’abside è ricoperto di affreschi; essi risalgono, secondo la mia esperienza in materia, probabilmente al tredicesimo e quattordicesimo secolo; anche le altre pareti hanno affreschi, ma il tempo e l’umidità li hanno in gran parte rovinati. V’è anche degno di nota un originale baldacchino in legno intagliato. Edward Lear 1846

 

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