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IGNAZIO SILONE


“Nelle tue ossa hanno resistito con te, i tuoi antenati… Deve esser vero, perché anche nei momenti più penosi dell’esistenza, in fondo, non mi sono mai sentito del tutto solo. Ma per capire la formazione di un carattere sarebbe bene di fare una scappata in Abruzzo”.
 

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Una scoperta inaspettata fu, voltandomi indietro, la vista del paese, dal piano in cui ci eravamo inoltrati. Non l’avevo mai visto a quel modo, tutt’insieme, davanti a me e ‘fuori di me’, con la sua valle... un mucchio di case alla rinfusa, in una spaccatura della montagna brulla. Ignazio Silone su Pescina.

 

 

<<La scala sociale non conosce a Fontamara che due piuoli: la condizione dei cafoni, raso terra, e, un pochino più su, quella dei piccoli proprietari. Su questi due piuoli si spartiscono anche gli artigiani: un pochino più su i meno poveri, quelli che hanno una botteguccia e qualche rudimentale utensile; per strada, gli altri. Durante varie generazioni i cafoni, i braccianti, i manovali, gli artigiani poveri si piegano a sforzi, a privazioni, a sacrifici inauditi per salire quel gradino infimo della scala sociale; ma raramente vi riescono>> (Ignazio Silone, Fontamara, ed. originale 1933).

Ignazio Silone è stato uno dei più importanti e rinomati scrittori abruzzesi, nato nel 1900 a Pescina (AQ) con il nome all'anagrafe di Secondino Tranquilli. Il territorio marsicano fu spesso al centro delle sue opere: l'Abruzzo con le sue caratteristiche fisiche e sociali dell'epoca è stato un elemento chiave per lo scrittore. Basti pensare a Pescina ed Avezzano (AQ), luoghi dove fu ambientato il suo romanzo più famoso, Fontamara; a borghi come San Benedetto dei Marsi, Ortucchio, Aielli, Celano, sempre in provicia dell'Aquila; e a tanti altri posti centrali nei suoi racconti.

"In quell'istante sentii inondarmi di una gioia immensa, sconosciuta. Era una specie d'estasi. Ogni senso di incertezza o di paura mi abbandonò..."

 

Il tremendo terremoto del 1915, che devastò completamente la Marsica, incise molto sul carattere e sulla carriera letteraria del giovane Silone. La madre e i suoi fratelli (a parte Romolo) perirono in quei tragici minuti. Le classi povere abruzzesi, chiamate “cafoni” dai loro padroni, furono elementi chiave dei racconti di Silone. L'anima dello scrittore si caratterizzava, infatti, per la sua sete di giustizia, per l'appoggio dei più deboli contro gli oppressori e per l'onestà, tutti valori che contraddistinsero la sua esistenza.

Silone iniziò la sua carriera come giornalista, partecipando attivamente alla vita politica italiana, tanto da divenire antifascista e poi anticomunista (inizialmente fece parte del Partito Comunista Italiano). Al termine della sua carriera si definirà un «socialista cristiano», ovvero «socialista senza partito e cristiano senza chiesa».

Se la lingua è presa in prestito, la maniera di raccontare, a me sembra, è nostra. È un’arte fontamarese. È quella stessa appresa da ragazzo, seduto sulla soglia di casa, o vicino al camino, nelle lunghe notti di veglia, o accanto al telaio, seguendo il ritmo del pedale, ascoltando le antiche storie. Non c’è alcuna differenza tra questa arte del raccontare, tra questa arte di mettere una parola dopo l’altra, una riga dopo l’altra, una frase dopo l’altra, una figura dopo l’altra, di spiegare una cosa per volta, senza allusioni, senza sottintesi, chiamando pane il pane e vino il vino, e l’antica arte di tessere, l’antica arte di mettere un filo dopo l’altro, un colore dopo l’altro, pulitamente, ordinatamente, insistentemente, chiaramente. (Prefazione a Fontamara)

Per le sue ideologie e per il contesto sociale e politico di quel periodo, che poco si associava alla sua personalità, Silone si esiliò in Svizzera dal 1929 fino al 1944. In questi anni di isolamento volontario intraprese con molto più vigore la sua attività di scrittore. Fontamara (1933), Vino e Pane (1936) e Il seme sotto la neve (1941) lo resero celebre soprattutto all'estero. Fontamara fu pubblicato in Italia nel 1945, dopo essere stato tradotto in 27 lingue e aver ricevuto giudizi positivi dalla stampa internazionale.

Dal 1965, con la pubblicazione di Uscita di sicurezza, Silone iniziò ad essere apprezzato anche in Italia. Questa celebrità in patria divenne ancora più forte grazie alla sua ultima opera letteraria, L'avventura di un povero cristiano (1968), che riprende la vicenda di papa Celestino V e, un pò più da vicino, le storie dei luoghi e delle genti d'Abruzzo. Così lo scrittore descrisse la Majella nel suo libro:

<<La Maiella è il Libano di noi abruzzesi. I suoi contrafforti, le sue grotte, i suoi valichi sono carichi di memorie. Negli stessi luoghi dove un tempo, come in una Tebaide, vissero innumerevoli eremiti, in epoca più recente sono stati nascosti centinaia e centinaia di fuorilegge, di prigionieri di guerra evasi, di partigiani, assistiti da gran parte della popolazione>>.

Silone perì a Ginevra nel 1978. E' sepolto nella sua terra d'origine, Pescina:

<<Mi piacerebbe di esser sepolto così, ai piedi del vecchio campanile di San Berardo, a Pescina, con una croce di ferro appoggiata al muro e la vista del Fucino, in lontananza>>.

Il carattere peculiare dell'uomo abruzzese non tralignato è dunque un'estrema resistenza al dolore, alla delusione, alla disgrazia; una grande e timorosa fedeltà; una umile accettazione della “croce” come elemento indissociabile della condizione umana.».

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L'antico abitato di Pescina, Edward Lear

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