AMITERNUM
Nella tabula patronatus dedicata a Gaio Sallio Pompeiano Sofronio nel 325 d. C. si legge:«[Amiternum] splendidissima civitas».
Amiternum era un'antica città italica fondata dai Sabini sul colle di San Vittorino, nei pressi dell'attuale L'Aquila, il cui nome deriva dal fiume Aterno. Fu conquistata dai Romani nel 290 a. C. e durante l'età imperiale venne ricostrita poco più a valle, dove ora si trova il sito archeologico. In età augustea divenne un ricco municipio di notevole importanza sia per la sua posizione strategica che per il passaggio di vie importanti, come la via Cecilia e la via Salaria.
Il declino della città iniziò nel V secolo, dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente per mano dei barbari invasori, quando gli abitanti furono costretti a spostarsi sul colle dell'attuale San Vittorino, facilmente difendibile. Dal I all’XI secolo Amiternum fu sede dell’omonima Diocesi. Dopo la soppressione della diocesi, la città entrò a far parte della Diocesi di Rieti e nel XIII secolo, dopo la fondazione della vicina L'Aquila, venne definitivamente abbandonata.
Amiternum è stata citata da diversi autori, tra i quali il politico romano Catone “il Censore” nell' opera “Origines”, l’erudito Marco Terenzio Varrone nel “De lingua Latina”, il greco Dionigi di Alicarnasso in “Antichità Romane” e il poeta latino Virgilio nell’“Eneide”.
Ha dato i natali a Appio Claudio Cieco, che avviò la costruzione della Via Appia nel 312 a.C, e allo storico Caio Crispo Sallustio
Tuttora sono conservati il teatro e l'anfiteatro, datati intorno al I secolo A.C, con una capienza, rispettivamente, di 2000 e 6000 persone. Molti elementi architettonici recuperati dal sito furono utilizzati nei vicini abitati paleocristiani e altomedievali: tra questi le catacombe di San Vittorino, dove fu sepolto l'omonimo martire.
Sono inoltre visibili una villa di tarda età imperiale, una porzione urbana della via Caecilia risalente all'età augustea e, infine, i resti di un complesso termale e di un acquedotto sempre dell'epoca di Augusto. L'area archeologica, custode delle memorie di un glorioso passato, è purtroppo poco valorizzata. Infatti, molti altri reperti sono ancora in attesa di essere riscoperti.
Alcune epigrafi e molto del materiale scultoreo e architettonico rinvenuto nel sito sono conservati nel Museo nazionale d'Abruzzo a L'Aquila e nel Museo archeologico nazionale d'Abruzzo a Chieti.
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